Neri, C. (2015), La tenerezza e la capacità di relazione, in Granieri, A., (a cura di), Il fattore T in psicoanalisi: La tenerezza nel lavoro di Eugenio Gaburri, Edizioni Borla, Roma.
Sommario
L’articolo è presentato in occasione della Giornata in memoria di Eugenio Gaburri, presso la Scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica dell’Università degli Studi di Torino, il 15 febbraio 2014.
L’autore approfondisce l’impiego che Eugenio Gaburri fa della parola tenerezza. La letteratura psicoanalitica mette in relazione la tenerezza coi processi di sublimazione della sessualità, Gaburri ne arricchisce il significato definendola come il risultato della possibilità di vedere l’altro, non come oggetto ma come altro di per sé. Inoltre, viene declinata in tre aspetti: la tenerezza è un sentimento in grado di mitigare la separazione da una persona cara o da aspetti di noi stessi in quanto diviene contenitore di contenuti violenti rispetto alla separazione e li trasforma in qualcosa di diverso (corrisponde alla percezione del limite); tenerezza è una forma di legame – asimmetrico, ma reciproco – che si stabilisce tra una persona – l’analista, ad esempio – disposta a cogliere un particolare aspetto dell’altro investendolo di affetto e un aspetto dell’altro che esiste e corrisponde a tale affetto; infine, tenerezza è la funzione – assimilabile alla Réverie materna – che consente l’elaborazione del perturbante presente nell’incontro con l’altro. Nei paragrafi finali l’autore propone esemplificazioni cliniche in cui la tenerezza può presentarsi e che riguardano l’entrata in analisi di un aspetto di Sé del paziente che sino ad allora era dissociato rispetto al Sé dominante. L’ingresso di tali aspetti è legato alla capacità relazionale dell’analista declinata in intrapsichica – mantenere viva e ritrovare sempre una sorgente interna di interesse e calore per il rapporto – e interpersonale.
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