Neri, C. (2014), Soggettivazione e teoria del campo, Rivista di Psicoanalisi: XXVII Congresso SPI, Divenire soggetti, LX (3).
Sommario:
La prima parte dell’articolo è dedicata al concetto di soggettivazione, descritto da Raymond Cahn, come quel processo che porta all’instaurarsi di un Io autonomo: il nucleo stesso del soggetto. È un lavoro che dura tutta la vita, e che continuamente ci vede impegnati nel tentativo di “contenere, organizzare, dare senso agli incessanti cambiamenti interni ed esterni che ci riguardano e che ci rendono altri nella misura in cui rimaniamo noi stessi”. Winnicott ha ben illustrato il ruolo delle relazioni primarie in tale processo, ed è possibile oggi affermare, che è nella relazione che ci si differenzia come soggetti. Fa parte del processo di soggettivazione anche ridefinire i legami e formarne di nuovi. I legami hanno una loro entropia, resistenza e staticità; metterli in discussione quindi non è lavoro da poco, suscita anzi una percezione di rischio e di paura. Eppure, nel corso della vita, affrancarsi da legami e “campi” familiari – o di altro ordine – è essenziale per il processo di soggettivazione.
Nella seconda parte di questo scritto prendo in considerazione l’impiego del concetto di “campo” in psicoanalisi; le peculiarità della teoria del campo messa a punto in Italia da psicoanalisti come Corrao, Ferro e Gaburri; e l’utilità che questa ha per me nell’esperienza clinica.
In particolare mi occupo di illustrare come impiego “la teoria del campo” nel settingtradizionale (duale). Questo impiego consiste nel prestare attenzione, non tanto al campo che si stabilisce tra me e il paziente, quanto alla “ombra gettata sul campo analitico da altri campi”, che il paziente ha stabilito con altre persone e gruppi, nonché con “Oggetti” tanto positivi, quanto negativi.
Infine, nella terza parte, utilizzo un’illustrazione clinica per mostrare come un simile utilizzo del concetto di campo possa risultare utile nel lavoro di promuovere la soggettivazione del paziente.
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